L'età moderna

eta_moderna_01-tbLe vicende di Breme tornano ad essere movimentate agli inizi del XVII secolo, quando si trova ad essere coinvolta in quella lunga e sanguinosa guerra conosciuta nei libri di storia come la «Guerra dei Trent’anni», e in particolare a quella fase della guerra che vedeva opposti francesi e spagnoli negli anni immediatamente successivi all’assedio di Casale (quello, per intenderci, di cui parla anche il Manzoni nei Promessi Sposi). A questo periodo risale la costruzione di una fortezza che inglobò, snaturandolo, il fabbricato dell’abbazia.

eta_moderna_03-tbNel 1635 le truppe della coalizione tra Francia, ducato di Savoia e ducato di Modena penetrarono in Lomellina e occuparono alcune piazzeforti lungo Po e Sesia, tra cui Breme. Qui esisteva già da tempo un «castello»: lo troviamo nominato nella Cronaca di Novalesa e in alcuni documenti medievali. E’ probabile che questo «castello» sia da identificare con l’edificio situato alle spalle della chiesa parrocchiale, caratterizzato da una bella finestra ogivale in laterizio e da un motivo ornamentale in mattoni. Questo edificio, comunemente denominato «il castello», è oggi ristrutturato e adibito ad abitazione privata.

Vista l’importanza del luogo dal punto di vista strategico, ne fu decisa la fortificazione. Il progetto della fortezza fu presentato al duca Vittorio Amedeo I di Savoia il 25 novembre 1635 dall’ingegnere Bailera; a pianta pentagonale, aveva due porte d’accesso: una a sud, rivolta verso il Po, l’altra a nord, in direzione di Valle. Chi sofferse maggiormente di questo progetto fu il monastero, inglobato nelle mura di fortificazione, con la chiesa abbaziale ridotta a magazzino per le munizioni.

eta_moderna_02-tbMeno di tre anni dopo, l’11 marzo 1638, le truppe spagnole guidate dal governatore di Milano Leganez, vi posero l’assedio e in capo a quindici giorni la piazza cedeva: non tanto per l’inefficacia delle fortificazioni, quanto piuttosto per l’imperizia e, si disse, per le speculazioni del governatore, il capitano Mongaillard, accusato di lucrare sugli approvvigionamenti, che fu condannato e giustiziato per tradimento poco dopo la sua resa.
Nel 1646 il governo spagnolo decise l’abbattimento della fortezza, troppo lontana dalle altre e che per questo necessitava di una guarnigione più numerosa: troppo costosa da mantenere, dunque, ma anche troppo pericolosa se fosse caduta in mano nemica. Di questa fortezza, che avrebbe dovuto essere imprendibile e che non resse a quindici giorni di assedio, non rimane più nulla; le uniche tracce superstiti le troviamo nella toponomastica: Via Mezzaluna, via Cannoniera, Piazza d’armi, Trincea, vicolo Corridore, cascina Rocca, cascina Rocchetta, Fortino, Muraglione.
Del periodo spagnolo rimangono tuttavia un paio di edifici: uno è il cosiddetto «Corpo di Guardia», cioè il portico sulla piazza principale, nel cui pilastro centrale è murata una lapide con inciso lo stemma di Breme e la legenda «Comunitas Bremide»; l’altro edificio è la casa all’angolo tra Via Abazia S. Pietro e via Carabinieri d’Italia, ritenuta l’abitazione del governatore del forte, con bei finestroni in cotto, su un muro della quale sono affiorati due stemmi affrescati.